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1908 ORE 5:20 TERREMOTO
tratto da Frammenti Tellurici di Domenico Loddo
[…] ventotto dicembre millenovecentootto, il tempo si ferma alle 5.20 antimeridiane;
il mondo si sveglia contando 87.000 morti.
produzione e distribuzione Officine Arti
regia Americo Melchionda
drammaturgia Domenico Loddo, Maria Milasi
con Maria Milasi, Kristina Mravcova, Alessio Praticò, Americo Melchionda
costumi e elementi di scenografia Maria Concetta Riso
inserti video Ram Film
note di regia
1908-2008
Dal testo Frammenti Tellurici allo spettacolo 1908 ore 5,20 Terremoto
Come afferma Giorgio Boatti nella sua opera La terra trema, i cicli storici scanditi da eventi disastrosi naturali o umani sembrano susseguirsi ininterrottamente nel nostro paese:
[…] ogni generazione ha la sua catastrofe civile da ricordare e anzi spesso più d'una, a volte d'origine naturale e a volte umana, il copione sembra essere lo stesso: evento tragico; prime ricostruzioni giornalistiche, concitate e a forti tinte; interviste ai superstiti; il cordoglio della nazione; le autorità dello stato partecipano sul luogo dell'evento; polemiche sulla tempestività dei soccorsi e sulla loro efficienza; i parenti delle vittime accusano, funerali solenni; ancora polemiche, finché i riflettori dei mass-media si spengono.
E la storia attuale dell'Area dello Stretto non potrebbe essere interpretata senza partire da una data: la data del 28 dicembre 1908. Una data che si aggiunge a tante altre, una data a cui ne seguono tante altre, in tutto il mondo. E da una catastrofe: il terremoto. Quello del 1908. Quello che ha raso al suolo Reggio e Messina. In trenta secondi. Il passato annientato. Il presente azzerato. La terra trema.
Rottura, lacerazione, carneficina, distruzione, massacro, disordine, caos, vuoto, tanti i vocaboli del disastro e poi l'istinto di sopravvivenza che ricostruisce, ricompone un nuovo presente, ridisegna città che non sono quelle di prima, ridefinisce destini che non si incrociano con quelli di prima. Gli anni si azzerano. Si ricomincia da lì. Ecco la nostra tragedia. Una delle tante tragedie contemporanee davanti alla quale l'uomo non può che riconoscere il suo ineluttabile senso di impotenza.
I Frammenti Tellurici di Domenico Loddo diventano nel nostro racconto una storia parcellizzata che tenta di raggiungere una sintesi, la sintesi di un dolore collettivo. Quei Frammenti Tellurici nello spettacolo 1908 ore 5:20 Terremoto, prepotentemente si rincorrono, si incrociano, si sovrappongono, pretendendo una chiave di lettura incisiva che scalfisce e ricerca stati d'animo e silenzi.
I video ricostruiti in forma documentaristica e fotografica, si sovrappongono in repentine successioni di quadri ai quattro attori che si ritrovano ad essere attori-narratori e attori-interpreti.
Il generale Francesco Antonio Mazza, il maggiore Carlo Tua, gli incrociatori Makaroff, Slava, Cesarevic, la brigata Torino, le note dell'Aida messa in scena la sera del 27 dicembre al teatro Vittorio Emanuele di Messina, i fratelli Melissari, le previsioni del cardinale Gennaro Portanova, le cronache contraddittorie, le testimonianze, le leggi speciali del discusso periodo giolittiano, le lingue straniere che si mischiano ai suoni dialettali nella babele dei soccorsi, le solitudini… troppe, vuote e perse… e le storie… tante, spezzate, di uomini e donne comuni… e le tarantellate che riecheggiano violente.
Così succede che in uno stesso spettacolo la crisi esistenziale di un prete cede il posto ad un giovane cronista intento ad annotare i dettagli della tragedia, un postino caparbio vuole ritrovare i suoi indirizzi di sempre, il becchino scava fosse citando Baudelaire per poi chiedere cinicamente il saldo al pubblico in sala, mentre una giovane donna cerca il suo uomo e una valigia di cartone con dentro un vano sogno americano, ed i sepolti vivi, tanti; li immaginiamo, tra le lettere, i telegrammi, le martellanti confusioni di voci e passi; e poi il silenzio, come prima del boato, il silenzio che precede la strage.
note dell'autore
28 Dicembre 1908, uno sguardo sullo Stretto
(dalla distanza della memoria)
[…] Ottantasettemila persone lasciate in pasto alla vita avrebbero significato per ognuno di noi un altro presente. Tutti quegli uomini e quelle donne potevano intrecciare le loro vite a una serie di sentimenti ai quali invece sono stati negati. Sarebbero nate altre famiglie, altre amicizie, altri amori. Invece la storia ha fermato le loro esistenze in quell'alba disastrosa, sottraendoli per sempre ad ogni parvenza di domani.
Ecco perché bisogna consentire a queste altre parole. Ognuna servirà a sottrarre quelle vittime al loro anonimato di polvere. Dovrà attraversare questi cento lunghissimi anni per sintonizzarsi al meglio sulle frequenze di tutto quel disastro, che rese le due città dello Stretto una immensa maceria.
Il 1908 segna una distanza tra due ere, come un prima e un dopo Cristo. Al suo cospetto le città si sono sgretolate come due novelle Pompei, lasciando alla storia, di quel che erano, poco più del niente.
La nostra storia parte proprio da quel niente per rimpolparsi di immagini, luci, voci, rumori e suoni. Come un sintonizzarci sulle frequenze di quella catastrofe mentre si compie il fato. Scrivetelo nel cielo di Reggio, in quello di Messina. Qui è morta ogni impresa, ogni immagine è sbiadita, si è spento ogni pensiero, ha taciuto ogni canto […].
Qui mettiamo in scena la parola. Che si fa storia, ricordo e, infine, speranza. Il teatro come rito in tempo reale.
In mezzo alla catastrofe, ogni parola torna così ad essere ancora vita.
C'è come una quiete. Piccola quiete quotidiana che langue sullo Stretto, dirimpettando tra Reggio e Messina... Qui non nasce il mondo, né finisce. Semplicemente ci passa in mezzo per altre mete, nuove latitudini. L'orizzonte jonico è fine a se stesso, fino a se stesso.
storia dello spettacolo
Lo Spettacolo ha debuttato per Calabria Palcoscenico 2008 all'interno del progetto Voci dal mare, un percorso di promozione della drammaturgia contemporanea che ha dato spazio nel panorama culturale regionale all'incontro di nuovi autori e formazioni teatrali innovative. Durante il centenario del terremoto del 1908, è stato riproposto riscuotendo ampi consensi di pubblico e critica, e nel 2009 ha continuato la sua distribuzione in una serie di matinée per studenti stimolando un massiccio e partecipato afflusso di giovani che hanno condiviso un capitolo spesso dimenticato della loro storia di appartenenza.
Nel 2009/2010, all'interno del Pentedattilo Film Festival, si è proposta al pubblico internazionale del rinomato festival di cortometraggi un'installazione video tratta dallo spettacolo. L'installazione, permanente nelle quattro giornate del festival, era correlata alla mostra fotografica Spaesata Città del professore Colistra, realizzata in collaborazione con la Città del Sole Edizioni.