Press Kit Spettacolo Alfa e Omega
Alfa e Omega
di
Domenico Loddo, Maria Milasi
regia
Americo Melchionda
con
Kristina Mravcova, Maria Milasi
disegno locandina
Bafometto
scenografia
Luigi Maria Catanoso
disegno luci
Guillermo Laurin Salazar
Produzione
Officine Arti
Note di Produzione - Selezioni
Lo Spettacolo “Alfa e Omega” è il risultato di un progetto drammaturgico nato con il titolo provvisorio “La Morte Addosso”. Dal 2016 lo spettacolo è stato oggetto di un ulteriore sviluppo Drammaturgico arrivando al titolo definitivo “Alfa e Omega”. Tra le Selezioni presso Festival e Rassegne: Festival Internazionale di Cultura “Dolce Vitaj” (promosso dall’Istituto Italiano di Cultura di Bratislava); Festival Internazionale Ruggero Leoncavallo, Rapsodie Agresti , Sguardi a Sud, Globo Teatro Festival, Rassegna Scene Contemporanee Teatro Erwin Piscator, Rassegna Teatro di Residenza Del Bello Perduto, IV Giornata dell’Attor; Spettacoli della Natura, Teatro Primo etc.)
Interpretato dall’attrice calabrese Maria Milasi e dall’attrice slovacca Mravcova Kristina per la regia di Americo Melchionda, “Alfa e Omega” incentiva la scrittura contemporanea e la distribuzione di nuove produzioni teatrali.
Note di regia
Americo Melchionda
Alfa e Omega sono due magnifici personaggi nati dalla penna di due persone a me molto care: Maria Milasi e Domenico Loddo, che per la prima volta scrivono a quattro mani un testo nato dal desiderio di scandagliare l’universo femminile immergendolo nella nostra realtà contemporanea. Partendo dalla “Morte Addosso” come assunto e citazione di pirandelliana memoria si è arrivati ad “Alfa e Omega”, il titolo definitivo dello spettacolo, come “L’inizio e la Fine” di un’unica esistenza che si scopre tale dopo una lunga notte di attesa. Dentro un’alba rivelatrice, una fermata di bus in disuso si trasforma nell’ultimo capolinea di una stazione ritrovando l’eternità, immaginata o reale, di Alfa e Omega, che corrode ogni dimensione spazio temporale e la loro stessa vita. Ho assistito alla gestazione di questo testo, una gestazione esaltante, esilarante, a tratti faticosa e non priva di nudità d’animo sorprendenti, fino a quando in una notte l’ho divorato e sono giunto ad una conclusione: non c’era niente che dall’esterno potesse rinforzare la messa in scena di due caratteri così drammaticamente delineati. Occorreva soltanto “interpretare” o meglio aiutare le due splendide e versatili attrici Kristina Mravcova e Maria Milasi, con cui lavoro da anni, a vestire i panni delle due protagoniste con onestà intellettuale e quella verosimiglianza che doveva necessariamente oltrepassare il realismo per approdare alla verità intima dell’umanità di Alfa e Omega. Le due donne “portatrici sane di disperazione”, in un intreccio dalle caratteristiche noir, svuotano le loro esistenze voracemente, necessariamente, accidentalmente, “forse” accidentalmente. Perché in “Alfa e Omega “quel che sembra casualità, a partire dal loro incontro, è la conseguenza di un’azione premeditata che balza come atto finale di difesa contro un destino “segnato” e ci si illude, così, fino alla fine, di poter ancora essere artefici della propria esistenza andata ormai alla deriva. Alfa, donna italiana, “scicchettosa” d’altri tempi e un po’ suonata, tra i pieni e i vuoti del suo blister di pillole che “cancella la memoria del dolore”, citazioni di filosofi e scrittori da catalogare nei corridoi della sua mente , in attesa di un treno o un bus per andare… “non ricordo …ma sono sicura di avere salutato prima tutti i miei amici…”, che adora il tip tap ma non sa ballarlo, che avrebbe voluto incontrare un uomo come Jean Kelly, che abita in una casa sopravvissuta al terremoto a cui ha dato un nome “Cocciuta Quercia”, che odia gli abiti di viscosa, preferisce la seta e odia le etichette perché provocano il prurito, i rossetti scuri perché invecchiano e adora i rossetti rossi ma di un rosso vivido senza viola dentro; e che vuole prima o poi andare a Lisbona ed ordinare ogni mattina al bar Orchidea come Pereira una limonata e un’omlette; e Omega, donna dell’est che non sopporta i cinesi, che coltiva una pianta meravigliosa per cancellare la memoria del dolore e odia le palme, che odia anche il tip tap ma lo sa ballare perché da bambina voleva essere come Shirley Temple, che ogni mattina è allo sbarco delle sei per “… pagare il riscatto di una vita e tutti i miei peccati” e che quella notte è in anticipo perché deve aspettare “ una persona con in dosso un vestito rosso” (emblema della “ morte addosso”) per dare una svolta alla sua vita. Chi è l’uomo dal doppiopetto gessato tagliato su misura “…protettivo, saturnino, elegante, un passo sempre avanti al presente…” che ha abbordato Omega in un bar squallido e che tanti anni prima ha chiesto ad “Alfa” la Terra Desolata” di Eliot? Cosa nasconde la valigia di Alfa? Quale messaggio cifrato sta dietro le continue citazioni della stralunata Alfa che vuole vivere lanciandosi in avanti “… verso qualcosa di superiore, verso la perfezione, lanciarsi e cercare di arrivare” come scrive Pasternak nel dottor Zivago?
Ti si attaccano addosso Alfa e Omega, non puoi fare a meno di entrare dentro il puzzle delirante delle loro vite, e vorresti fare qualcosa, dopotutto, per salvarle, perché ti sembra oltretutto di averle già incrociate da qualche parte, dentro un ricordo sbiadito di qualcuno che hai conosciuto o soltanto in un sogno che adesso ritorna con la sua cruda verità e continua a parlarti.
Note degli autori
Maria Milasi, Domenico Loddo
Una nota de-nota l’intento, con-nota il significato, tenta una via d’uscita, una fuga, dall’inspiegabile. Ma può una parola spiegarne un’altra? Come se da sola non bastasse a se stessa, risultando inadeguata al proprio significato. Le parole sono segni segnati o pronunciati, forme conficcate in un foglio o naufragate in un tozzo d’aria, a disvelare misteri ed emozioni, o, ancora meglio, a stanare il mistero di una emozione.
Alfa e Omega parte da un titolo ed un assunto pirandelliano La Morte Addosso , ma poi diventa cosa altra, piccolo contenuto di spazio con un grande contenuto di tempo, là dove il tempo è sostanza e lo spazio dominio. Questo testo nasce come territorio maschile, un testo-sterone, ma poi vira e si (e)vira su coordinate femminee, così che ad ogni rigo fa capolino una identità femminile che si insinua tra gli spazi bianchi del racconto, e lo ispira lo dirige, lo arricchisce, e più d’ogn’altra cosa, lo rende vero. Scrivere a quattro mani equivale alla concitata pratica dell’autoerotismo con un intruso tra le parti (intime), e non sai mai dove comincia uno e finisce l’altra, come un Alfa e una Omega che si scambiano i ruoli, fino a condividerne la sorte: “Alfa e Omega come l’inizio e la fine di cosa?”. Il teatro ha finito col reclamare questo testo, cucito addosso alle due attrici come un sarto chino sopra le trame del fato, a imbastire drammaturgie di sorrisi e lacrime. Una fermata sperduta testimonia lo smarrimento di queste due esistenze in rovina, sospese tra le tenebre della notte e un’alba che forse non arriverà più, come due piccoli segni d’inchiostro mischiati a quel grande scarabocchio che è l’esistenza, tragiche eroine archetipo di una umanità in parossistica migrazione senza meta, dove ogni singolo individuo cerca il proprio ruolo al centro del palcoscenico o anche su una sedia vuota tra il pubblico, accontentandosi persino di stare in piedi dopo l’ultima fila, per non ritrovarsi chiusi fuori dal teatro, nel gelo siderale di un capolinea senza speranza.