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Antigone il sogno della farfalla

Press Kit Spettacolo Antigone

ANTIGONE - Il Sogno della Farfalla                    
di Donatella Venuti
Liberamente ispirato al romanzo
“La Tomba di Antigone” di Maria Zambrano
Regia Americo Melchionda
con Maria Milasi (Antigone)
Americo Melchionda (Polinice - Eteocle - Arpia)
Voce Off Anna Donatella Venuti
Produzione Officine Jonike Arti (2019)
Scenografia Melis-Lazzaro
Durata 60 minuti (atto unico) Genere Dramma
Foto di locandina Marco Costantino

Sinossi
Antigone indossa un logorato abito da sposa, ingurgita compulsivamente le pillole che bloccano l’enzima PMKZeta della memoria: vuole dimenticare! Ma in un luogo non luogo tra vita e morte, le ombre dei personaggi della sua storia si sovrappongono nel suo cervello sotto forma di allucinazioni. Non le rimane che attraversarle quelle ombre, e forse, alla fine, riuscirà a raggiungere Polinice nella città dei fratelli, la città nuova: “… in cui non ci saranno né figli, né padri, non ci sarà sacrificio e l’amore non sarà accerchiato dalla morte”.

Note di Produzione
“…La mia storia, lei sì che è sanguinosa! … Tutta, tutta la storia è fatta col sangue, tutta la storia è di sangue, e le lacrime non si vedono. Il pianto è come l’acqua, lava e non lascia tracce. E il Tempo conta forse qualcosa? Non sto, forse, io qui senza più tempo, e quasi senza sangue, oppure in virtù di una storia, irretita in una storia? Il Tempo può esaurirsi e il sangue non scorrere più, se però sangue c’è stato ed è scorso, la Storia continua a trattenere il Tempo, ad aggrovigliarlo, … a Condannarlo! Per questo non muoio, non posso morire, finché non mi si dia la ragione di tutto questo sangue e la storia non esca di scena, lasciando vivere la vita. Solo vivendo si può morire” (Antigone)

Uno spettacolo intenso tocca le intime corde dell’animo nell’attualità di un mito che diventa inesorabilmente contemporaneo.
Tratto da “La tomba di Antigone” (1967), sorprendente testo filosofico- poetico-teatrale della filosofa spagnola Maria Zambrano, in esilio per 45 anni sotto la dittatura franchista, e scritto dall’attrice e regista siciliana Donatella Venuti, “Antigone - Il sogno della Farfalla” dà voce a tutte quelle donne - eroine/martiri - che lottano contro le Leggi Prevaricatrici generate dall’ abuso del potere, dalla violenza della guerra e dall’annichilimento del concetto stesso di “Umanità”.
Essenziale nel suo allestimento e adattabile a diversi luoghi di esecuzione, lo spettacolo ha la capacità di inglobare il pubblico nel dramma di un’Antigone di oggi, moderna esule, per restituire un’Antigone senza età che viaggia attraverso il tempo divenendo testimone perpetua delle ingiustizie perpetrate dall’Uomo durante tutta la sua Storia.
La pièce, scandita da evocative registrazioni sonore tra mito e storia contemporanea, da un lato rende l’intima rievocazione dei rapporti ancestrali tra i personaggi cardine della tragedia, dall’altro ci investe di interrogativi e stati d’animo riportando la protagonista dentro le atrocità generate dai totalitarismi di ogni epoca.

Note di Regia
Antigone rinchiusa dentro il buio di una prigione fisica e metaforica, accende e spegne una torcia come ad illuminare i volti degli spettatori. Nel delirio scatenato dalle pillole PMKZeta che invano tenta di ingurgitare per dimenticare, crede di rivedere gli affetti negati della sua esistenza (Ismene, Giocasta, Edipo, la nutrice Anna), e li oltrepassa dentro la propria psiche come fossero ombre, fino a scontrarsi prima con l’Arpia - ragno del cervello che materializzandosi la destabilizza portandola dentro il sacrificio di Emone e installandole il dubbio di aver agito per pietà e non per amore - e poi con Eteocle /Polinice - fratelli l’uno alter ego dell’altro, personalità multiple dallo stesso volto ancora in guerra tra di loro -
E mentre scaccia l’Arpia rimanendo ancora viva tra i morti finché L’Amore e la Pietà, una cosa sola, lo voglia, è verso i propri fratelli che cerca ancora di affermare la Legge dell’amore contro quella del terrore, in uno scontro disperato e lacerante:
Eteocle / Polinice…Cosa avremmo dovuto fare, Antigone?
Antigone …Un poco di tempo, lasciare un poco di tempo alla verità della vita.
Eteocle / Polinice …La vita non lascia questo tempo. Dovevamo ….
Antigone…(sarcastica) Dovevate Morire e Ammazzarvi?!!! Perché gli uomini credono che solo ammazzando si diventa Signori della Morte?! Il RE non è tale se non ha ammazzato … E poi il Giudice che non ammazza … No, Lui no … Lui Ordina … di ammazzare!! Perché sta nel regno della ragione pura, la LEGGE!! E bisogna ammazzarsi per il Potere, per l’Amore. Tocca ammazzarsi tra fratelli, per amore, per il Bene di tutti – Ammazzarsi …- Suicidarsi. Il Signore della Morte deve ammazzarsi, se nella speranza del Perdono ha dentro qualcosa di vivo. Per questo c’è tempo, vero? Per vivere, NO!!

Perché Antigone, qui, è ancora alla ricerca della Verità della Vita e della Ragione di tutto il Sangue versato nel corso della Storia dell’Uomo sconvolta da sempre da guerre fratricide.
Perché sposa non sposa, con il suo abito bianco sporco di terra, Antigone continua ad andare incontro alla morte non morte rinunciando alla vita e cercando una ragione ultima al suo sacrificio.
Per aver disobbedito alla Vecchia Legge, scritta da un potere iniquo, la vita di Antigone, colpevole di aver seppellito il fratello in nome di una Nuova Legge non scritta ma necessariamente viva poiché connaturata con il senso stesso di “Umanità”, è condannata a spegnersi privata della luce e della libertà, come morta, perché il suo pensiero e le sue gesta non possano mai nuocere all’ordine costituito. Una sorta di esilio senza soluzione, dunque, come la condizione dell’Umanità sradicata dalla propria terra e in attesa di una nuova dimora o pacificazione, che rimane sola tra il cielo e le terra.
Come, appunto, la condizione dell’esule Maria Zambrano, straordinaria pensatrice e filosofa, esule del periodo franchista, da cui è tratta la toccante drammaturgia “Antigone - Il sogno della Farfalla”.
E Antigone, i cui occhi hanno guidato il padre Edipo nel suo errare da città in città, incarna visceralmente questa condizione poiché il diritto alla vita gli è stato ancora negato dalla propria patria. Esule: “…colui che un giorno si ritrova senza nulla sotto il cielo e senza terra; colui che ha provato il peso del cielo senza terra che lo sostenga…”; colui che però, perdendo tutto, ha la necessità di continuare a vivere mettendo a nudo le proprie le radici . E Maria Zambrano, poiché ha sofferto profondamente la propria condizione di esule, si è appropriata del mito di Antigone che non smetterà mai di urlare la propria voce “…La terra sistema tutto se la lasciano fare ma non la lasciano, non la lasciano !! Quelli che Comandano!!... Non la lasciano mai!!... le gettano creature vive come sono io …Io sono qui condannata perché da me non nasca nulla – Vergine mi portarono tra le pietre, perché come da me viva, non nasca nulla nemmeno da me morta… Ma IO DELIRO!!! HO VOCE!! …. HO VOCE !!

Perché Antigone, come tutte le Antigoni della storia, continua ad essere viva come fosse stata sputata dalle onde di un naufragio, superstite che la morte si è rifiutata d'inghiottire e che non può fare altro che nascere a nuova vita cercando la terra promessa su cui approdare, una terra promessa che forse amaramente non è di questo mondo.
“…Anche quando ho oltrepassato la riga per lavare il cadavere di mio fratello, non era la terra promessa, quella che si estende più in là, illuminata dal sole. La terra dell’Astro Unico, che ci appare soltanto una volta. Li tutto sarà come un solo pensiero. Uno solo. Qui in questa terra che discende dal sole tutto è Doppio: Luce e Ombra, Giorno e Notte, Sonno e Veglia, fratelli che vivono l’uno della morte dell’altro. - AMORE DIVISO - CUORE DIVISO - E bisogna andarlo a cercare il CUORE. Non lo si può lasciare riposare, né addormentarsi. A volte bisogna nasconderlo, questo si, lasciare che digiuni perché possa ricevere il suo alimento segreto. E seguirlo nell’oscurità dove ci sono le Ombre, entrare nella Stanza Segreta in cui la Luce si accende.”

Note dell’autrice
“...Pensare e sentire hanno la stessa radice, ma tale radice non è un passato che ci lasciamo alle spalle, bensì l'intimità sempre presente.”
"La verità di quel che accade nel seno nascosto del tempo, è il silenzio delle vite, e che non si può dire".
"Pensare è, prima di tutto, alla radice, decifrare ciò che si sente, il sentire originario" "…quel patire che l'attività di conoscenza ha in sé, quel cuore di tenebra che ogni luce conserva nel suo albeggiare". (Maria Zambrano)
Antigone seppellisce Polinice, infrangendo il pubblico divieto, evidenziando la contrapposizione, di natura sofistica tra "Nomos" e "Fiusis", tra convenzione e natura, tra leggi dello stato e leggi naturali. La trasgressione in Antigone diventa motivo di esaltazione e di difesa di quelle leggi divine ed immutabili, non scritte, che sono rinchiuse nel cuore dell'uomo e rimandano direttamente alla natura divina dell'essere umano. L’azione si sviluppa in uno spazio intermedio, fra la vita e la morte, una Caverna o Tunnel, illuminato da una luce irreale, in cui si ritrova rinchiusa per ordine di Creonte, una prigione del pensiero dove può decidere se ritrattare e pentirsi o affrontare i suoi fantasmi con la fermezza che la contraddistingue.
Ma non è il personaggio classico noto a tutti, questa donna è più fragile; cerca di assumere compulsivamente pillole che blocchino l’enzima PMKZeta della memoria che, però, ripetutamente elimina ogni qual volta appare nella sua testa un personaggio (fantasma) della sua vita.
Il sogno iniziale dell’ “anima del serpente”, anima buona che lei accoglie con sé, svela una dimensione concretamente onirica, fondamentale per lo sviluppo dell’azione. E’ come se Antigone abbia voluto intraprendere un viaggio oltremondano restando in un territorio intermedio, per comprendere veramente cosa si prova quando si è oltre questa nostra dimensione spazio - temporale, animata dal bisogno di afferrare tangibilmente, nel sacrificio estremo, il senso della sua vita. La filosofia di Maria Zambrano come una droga della percezione ci porta in territori sconosciuti dove solo la sensibilità e l’amore possono tracciare un ponte con lo spazio ultraterreno.

Persino l’ereditarietà della colpa di derivazione eschilea e la funzione terapeutica della sofferenza che in Sofocle subisce un processo di interiorizzazione, vengono superate in una dimensione di conoscenza del proprio “sé”; percorso fondamentale per quella assunzione di responsabilità nel momento della scelta, pro o contro le leggi vigenti.
I Personaggi/Fantasmi della sua vita terrena entrano nella psiche a costringere Antigone a una resa dei conti, a riappropriarsi delle sue radici e della sua storia per vivere la sua nuova condizione: Ismene; Anna la nutrice dolce e materna; l’Arpia, il ragno del pensiero, sarcastica e provocatoria; Giocasta, vittima e carnefice inconsapevole; Edipo, stanco, cieco e prostrato, un essere che non avrebbe dovuto nascere quasi “partorito” dalle suadenti parole di Giocasta, madre e sposa, ed animato dalla figlia Antigone, “figlia, appunto, dell'errore “ e della colpa che lo accompagna nel suo esilio e a cui Antigone chiede conferme “…ma è al Padre che tocca dirci chi siamo! ”; Creonte, l’uomo che del potere ha fatto la sua ragione; Eteocle e Polinice i fratelli diversi in guerra tra di loro che diventano qui un unico corpo e volto come fossero l’uno alter ego dell’altro, personalità multipla del delirio di Antigone. Se ci fosse un Coro, il tutto potrebbe avere un senso - come nella tragedia classica - ma nel nostro mondo contemporaneo, materialistico e povero di valori, che ha abbandonato il culto del sacro, Antigone diventa emblema di disobbedienza civile e il suo sacrificio paradigma di purezza ed amore fraterno.
E' infatti l'amore a illuminare la nascita della coscienza. Antigone è vittima sacrificale in nome della città, muore per quella Nuova Legge che guida e conduce, che "salva e flagella, conduce negli inferi e riscatta da essi".
Il sacrificio sacro, in realtà, continua ad essere il fondamento ultimo della storia, la sua risorsa segreta, da Cristo ai suoi martiri, a Giovanna d'Arco fino a quelle giovinette murate vive, in nome della fede, della purezza e inattaccabilità della fede; così come viene murata viva Antigone, anima pura, sacrificata agli "inferi" su cui si erge la città. E gli inferi sono l'abisso, inquietante e fagocitante poiché ogni città, secondo gli antichi, si reggeva sugli
abissi, in mezzo a tre mondi: quello superiore, quello terrestre e quello degli abissi infernali. La salvaguardia del mondo umano richiedeva sacrifici da compiersi nei tre mondi: sulla terra innalzando architetture sacre inneggianti agli dei; negli abissi liberando qualcosa che possa salvarsi e rinascere alla luce e alla vita; nei cieli attraverso il fumo del sacrificio che, come le parole dell'officiante, raggiunge le alte sfere celesti. La nascita della Legge inaugura, con il sacrificio umano, la nascita di una società umana.
Antigone rappresenta l'aurora della coscienza. Perciò in lei, vita e morte convivono unite, nel gesto dell’andare oltre, nel trascendere il mondo terrestre e quello degli dei sotterranei. Antigone viene murata viva per continuare a vivere la propria morte insieme alla propria vita non vissuta, rivivendo così la tragedia della propria famiglia e della città di Tebe. "La tomba di Antigone" della Zambrano” è la guida di questa drammaturgia, fa vivere la figlia di Edipo in un tempo supplementare e di un vita propria dentro e oltre la tragedia conosciuta. Antigone è sola “nel silenzio e nell’assenza degli dei”, diventa anello di congiunzione tra amore e conoscenza, tra vita e morte, sognando i personaggi della sua vita come reali fantasmi di una probabile scena, sedotti e ammaliati dal suo doloroso sacrificio.

 
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